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  • msucci2

La primera familia

Intervista a Socorro Avalos , 62 anni, parte della prima famiglia fermatasi a vivere nella baia di San Agustinillo.



- Come ha vissuto l'arrivo al pueblo?


Siamo arrivati nel '68, eravamo la prima famiglia a rimanere a vivere a Sanagus. Mia mamma ha iniziato a vendere cibo ai cacciatori di tartarughe, io avevo 12 anni. Abbiamo iniziato qui in casa, poi il ristorante nel ’92. Le famiglie sono iniziate ad arrivare poco a poco, lentamente...

I cacciatori costruivano una casetta di legno per passare la notte e poi di uno in uno vi si fermavano a vivere…

Image credits: David Ortega


Il posto assomigliava ad una baia di Huatulco (città a 1 h di distanza) chiamata San Agustin, eravamo la versione umile diciamo, per questo hanno iniziato a chiamarlo San Agustinillo, ( - illo - è un diminutivo utilizzato particolarmente nello spagnolo sudamericano con accezione di affetto). E poi siamo finiti ad usare il diminutivo del diminutivo: Sanagus!





Siamo sempre stati luogo di passaggio, la gente che doveva andare da un posto all'altro passava in cavallo, asino, col mulo… Se arrivava una macchina tutti se ne accorgevano e ci urlavamo "ya viene carro!" - "arriva la macchina!" da una parte all'altra del pueblo… Ora invece è diverso, stanno costruendo l’autostrada per collegare la capitale (dello stato Oaxaca) alla costa, arriveranno moltissime macchine altroché… Tra 4-5 anni ci sarà tanta gente perché è inevitabile, si vuole uscire dalle città. Soprattutto la pandemia ha rivelato questo bisogno, tutti stanno comprando terreni qua nei dintorni.


- Pensa che la comunità e gli stranieri abbiano avuto un ruolo fondamentale nell'evoluzione delle cose?


Quelli da fuori arrivano con le loro idee e vogliono che si faccia come dicono loro, dicono che è meglio, non accettano che i locali guardino dentro le loro costruzioni, che alzino la voce, basicamente non vogliono integrarsi, si costruiscono la loro riserva indiana lussuosa e non hanno a che fare con la comunità. Noi locali non siamo d’accordo, mi capisci? La loro voce non può essere l’unica che si sente, in una riunione li ho fermati, agli stranieri, perché volevano votare e dire troppo la loro, alzando la voce… Dovevamo decidere sul cambio di rappresentante, e io gliel’ho detto: nessuno straniero sarebbe stato rappresentante perché non avevano diritto a votare, ormai alle riunioni c’è più gente di fuori che locali! Allora ho preso il microfono e gli ho detto che c’era da ricordarsi chi è qui da sempre, che abbiamo degli usi e costumi che non stavano essendo considerati, e che per mancanza di rispetto avrebbero dovuto uscire dalla riunione. E quella volta se ne sono andati! Sì, ognuno ha le sue idee, e quando si tratterà di dialogare per il bene di tutti, del pueblo, allora si ascolterà e si parlerà insieme. Ma finché vogliono tirare l’acqua al loro mulino, beh no. Dobbiamo difendere la nostra identità, per questo quella volta li ho mandati via dalla riunione.


- Quale futuro desidererebbe per la gestione del turismo da parte della comunità?


Per ora ci siamo ancora gli anziani del pueblo, quelli che sono arrivati per primi, ma i giovani non sono interessati a partecipare alle riunioni, a lottare per mantenere i nostri usi e costumi, è molto diverso a come eravamo abituati noi, avevamo la mentalità di dover difendere con le unghie le nostre credenze, e infatti la storia di come si sono create la comunità in questi luoghi è anche a tratti violenta…

Il mondo cambia e immagino che le nostre tradizioni si perderanno a un certo punto…

Spero che i giovani immaginino qualcosa, parlino tra di loro, si accenda qualcosa che li porti a innovare il loro modo di stare insieme… ma dipende da loro.

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